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6 Nazioni, Federico Dalla Nora, head coach del Mogliano: 'Facciamo fatica a stare al passo con l


La redazione di therugbychannel.it, in vista del 6 Nazioni, ha raccolto alcuni commenti tra gli addetti ai lavori della pallaovale italiana. Continuiamo con Federico dalla Nora, Head Coach del Mogliano.

Qual è il suo parere sui convocati dal ct Conor O'Shea per l'imminente 6 Nazioni?

"Penso che siano tutti ragazzi noti, fanno tutti parte delle franchigie celtiche, ad eccezione di Licata (che milita nelle Fiamme Oro, ndr). Sono atleti che si confrontano settimanalmente con campionati importanti e credo che siano la miglior impressione del nostro movimento rugbystico".

Come potrebbe piazzarsi, a parer suo, l'Italia, in questo torneo?

"Dal mio punto di vista, noi stiamo facendo tanto per rimanere attaccati al rugby che conta. Io personalmente faccio parte del "campionato domestico", come lo chiamano i media, dunque posso dire che stiamo probabilmente facendo un po' di fatica ad esprimere rugby internazionale. questo perché, chiaramente, le altre nazioni crescono, dal punto di vista professionistico, gli atleti sono professionisti a tutti gli effetti, mentre noi facciamo fatica a stargli dietro, per quel che posso vedere. Però, il mio parere spassionato è che siamo bravi a fare quello che facciamo. Pertanto, i giocatori che ci rappresentano ce la stanno mettendo tutta per far bella figura, anche se su alcune nazioni più evolute, più storiche è difficile stare al passo. Questione di professionismo, ma anche di cultura: noi siamo prettamente calciofili, con grande difficoltà, anche se siamo professionisti nel calcio, ed i risultati li vediamo. Ma comunque credo che ci troviamo in un momento di crescita, perché c'è anche un ricambio generazionale. In tal senso, bisogna essere bravi a stare vicino ai professionisti".

Come potrà figurare, pertanto la Nazionale italiana di fronte alle altre, a partire dall'Inghilterra che affronterà per prima? Certo, quella inglese è una Nazionale tosta, come è ben noto, ma dalla parte loro gli azzurri hanno il vantaggio di disputare il primo match in casa, davanti ad un pubblico da sold out, il che indubbiamente li caricherà.

"Questi sono tutti dei plus che noi possiamo mettere sul piatto. Poi è ovvio che, se parliamo dell'Inghilterra, parliamo di una nazione che gioca a rugby ad altissimo livello, i tesserati hanno un paio di zeri in più rispetto a quelli italiani, e ribadisco: se staremo vicini al punteggio, faremo, dal mio punto di vista, un miracolo. Perché se noi riusciamo a selezionare tre o quattro seconde linee, che siano competitive, in tutta Italia, loro invece ne hanno mille. Dunque i numeri sono nettamente differenti. Io vedo l'Inghilterra come una delle favorite al 6 Nazioni, poi ci sono: la Scozia, la quale a mio avviso è molto forte quest'anno, poi l'Irlanda, che è fortissima, mentre vedo un po' più in difficoltà il Galles, anche se in realtà difficoltà non ne esistono per chi veste quella maglia, poi la Francia è sempre una nazione temibile, perché i numeri li ha, per vincere".

Ma oltre alla cultura ed al professionismo, in che cosa fa difetto l'Italia per essere, se non al medesimo livello delle altre nazioni, quantomeno vicini? Di recente alcuni azzurri hanno detto di lavorare molto per essere competitivi. Ecco, a parer suo che cosa manca ancora per esserlo?

"Come detto, il professionismo, non solo sulle squadre celtiche, ma almeno sul già citato "campionato domestico", nel senso che: se io devo fare un rugby di qualità, ho bisogno di numeri, i quali vengono fuori attraverso le opportunità. E le opportunità potrebbero essere i posti di lavoro. Pertanto, se il "campionato domestico" diventa più professionale, abbiamo un "elettorato" di giocatori migliore, perché ogni squadra, più o meno, ne ha trenta, e pescare, il prossimo anno, su trecento/quattrocento atleti, è meglio che pescare su una ventina di italiani, circa il numero di atleti nostrani che compongono le franchigie, su quaranta atleti. Dunque: più gente "mastica" e lavora sul rugby, e probabilmente più vicini arriviamo ad essere competitivi. In questo momento attuale, secondo me, siamo un po' lontani dall'esserlo. Per i numeri che io posso vedere e che conosco, il rugby nostrano non è male, anche se è chiaro che manca un po' di organizzazione e un po' di tutto il resto. In altre parole: un'azienda, per essere competitiva, deve avere manager competitivi, un prodotto che sa andare sul mercato, commerciali competitivi e che si sanno rapportare con tutti i mercati, esteri e soprattutto quelli italiani. Se il nostro rugby diventa professionistico, deve entrare in queste dinamiche, e quindi avere personale super competente e specializzato, che deve competere con le altre nazioni. Chiaramente, tutto ha un costo, ed in questo momento, forse, l'Italia non ha le disponibilità economiche per attuare tutto questo progetto ".

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