Come hanno fatto gli inglesi a spegnere l'Irlanda?
La vittoria dell’Inghilterra sull’Irlanda la dice lunga su quanto l’estremo Rob Kearney sia essenziale nel XV irlandese.

L’Inghilterra di Eddie Jones ha inaugurato la propria campagna al Guinness Sei Nazioni 2019 con una controllata ed esauriente vittoria sull’Irlanda (detentrice del titolo), per la terza volta nella storia da quando il torneo si è allargato da cinque a sei nazioni.
Ci si aspettava molto di più dall’Irlanda di Joe Schmidt, dopo il Grand Slam dell’anno scorso e la recente vittoria sui campioni del mondo neozelandesi; stavolta però è stata lei stessa dominata dal vecchio rivale inglese il quale ha sfruttato al meglio la pressione, capitalizzando il più possibile attraverso il gioco al piede e i carries.
La pressione sui back-three.
In difesa, il triangolo allargato irlandese era costantemente sotto pressione. Il trio Stockdale-Hanshaw-Earls è stato messo a dura prova dal gioco al piede di Ben Youngs, Elliot Daly, Henry Slade e Owen Farrell; un gioco che si è fatto sempre più pericoloso, man mano che i minuti scorrevano, agevolato dall’assenza dell’estremo Rob Kearny e anche dall’infortunio all’anca di Earls, che lo ha costretto a lasciare il campo a metà partita.
Keith Earls, in quell’occasione, era il giocatore più esperto che faceva parte del triangolo allargato e una volta fuori lui, l’Inghilterra non ha perso tempo a colpire ancora di più sullo spazio scoperto in profondità.
Nonostante gli sforzi lodevoli di Robbie Henshaw, l’assenza di Kearny in campo si è avvertita parecchio e ha svolto un ruolo chiave nello svolgimento generale della partita. Non vanno certo messe in discussione le numerose abilità dell’utility back di Leinster (37 caps con la nazionale), nonostante stavolta non sia stato in grado di garantire una copertura sicura.
Nella maggior parte dei casi, se il sistema difensivo irlandese è efficiente, gran parte del merito va a Rob Kearney, più precisamente alla sua grande capacità di coprire la profondità che permette alle ali di poter giocare sulla linea e indietreggiare solo all’occorrenza.
Ci sono partite in cui capita di vedere il triangolo allargato con i tre giocatori irlandesi ben schierati; altre volte, succede che ve ne siano soltanto due di loro in profondità; molto spesso, invece, c’è solo Kearny a coprire.
Dunque, è chiaro che perdere uno dei meccanismi più importanti all’interno del proprio game-plan, richiede misure di adattamento drastiche (che l’Irlanda non ha fatto), specie se poi nemmeno Earls fa più parte dello schieramento.
Il piano di Eddie.
Successivamente alla meta irlandese, la seconda del match, l’Inghilterra ha cominciato ad arrestare l’avanzamento territoriale degli avversari usando il piede.
Il calcio d’inizio di Owen Farrell così profondo, una tattica alla quale l’inglese è ricorso più volte durante il match, bloccava l’Irlanda intorno alla sua zona dei 10m forzando così il mediano di mischia Conor Murray ad eseguire dei calci molto lunghi per togliersi da quella scomoda posizione.
Tutti i calci dalla base di Murray erano lunghi nella prima metà di gioco e spesso finivano fuori in rimessa laterale. Questo ha fatto sì che l’Irlanda non potesse mettere in azione il proprio gioco aereo e, in secondo luogo, ha protetto l’estremo inglese Elliot Daly da una possibile raffica di palloni alti.
Al 28’, arriva il momento di Henry Slade che prova un lungo grubber verso l’angolo destro del campo che costringe Robbie Henshaw a rincorrere l’ovale, partendo dall’angolo opposto, per tentare di restituire il favore. L’estremo irlandese però non riesce a calciare lontano e regala così agli avversari una rimessa in attacco sui 20m.
E’ questo il momento in cui l’Inghilterra mette in atto il perfetto piano di gioco per isolare l’estremo.
Dalla touche (29’), gli inglesi giocano due fasi prima di cambiare senso di gioco con Daly e Farrell. La prima fase vede l’Inghilterra usare le capacità di ball carrier del primo centro Manu Tuilagi per creare una ruck sulla linea del vantaggio; nella seconda fase si gioca con gli avanti per conquistare altri metri. Nel frattempo Henshaw si avvicina alla linea difensiva sul lato scoperto, dove già c’è Earls come ultimo difensore.
Alla terza fase si cambia senso di gioco con Farrell e Daly che si spostano verso il lato opposto del campo, ora debole, costringendo Henshaw a cambiare direzione di corsa.
Dalla ruck, Youngs serve Tuilagi come primo portatore, il quale passa l’ovale a Farrell, che arriva profondo da dietro, e che a sua volta lo passa a Daly, profondo dietro Slade.
Questo passaggio da Farrell per Daly porta l’ala irlandese Stockdale ad avvicinarsi alla propria linea difensiva per coprire l’ultimo uomo dell’attacco inglese, Jack Nowell.
In realtà, Nowell sarebbe già coperto da Murray che è l’ultimo sullo schieramento difensivo irlandese, tuttavia un’incomprensione tra lui e il giovane Jacob fa sì che il compagno salga lo stesso, lasciando così scoperta la profondità.
Ed è proprio in quello spazio che Elliot Daly vede un’opportunità. L’estremo inglese usa il grubber verso lo spazio scoperto forzando Stockdale a correre all’indietro per recuperare l’ovale, mentre Henshaw si trova a 25m di distanza completamente isolato dall’azione. Piano riuscito.
Stockdale è comunque il primo sull’ovale in corsa ma sfortunatamente gli sfugge dalle mani mentre rimbalza; Daly è già vicino, lo raccoglie e marca la seconda meta inglese della partita.
Questa brillante azione inglese non poteva essere orchestrata meglio, nonostante il risultato finale sia inficiato dall’errore di Stockdale e dalla pesante assenza di Rob Kearny, la cui esperienza e lettura del gioco avrebbero potuto evitare ed anticipare tutta l’azione.
Da un'altro punto di vista.
Un’altro aspetto che non ha funzionato al meglio nei meccanismi, spesso perfetti, della difesa irlandese è rappresentato dalla salita difensiva del mediano di mischia Conor Murray, al rientro sulla scena internazionale da cui mancava dalla serie di giugno in Australia.
In difesa, il numero nove di Munster si comporta come se fosse un’ulteriore terza linea, un difensore che non ha timore di placcare gli avanti avversari. Inoltre, tende a spostarsi su zone diverse del campo, specie in prossimità delle linee di touche, trovandosi spesso come l’ultimo, o il penultimo, difensore sullo schieramento.
Come accaduto in occasione della seconda meta inglese, sembra che i problemi di comunicazione tra Murray e le ali vicine si siano ripresentati più volte.
Ad esempio, al minuto 01:26, un offload di Billy Vunipola per Youngs innesca un’azione velocissima che non da il tempo alla difesa irlandese di schierarsi bene. Mentre Youngs riceve l’ovale, Murray sta ancora indietreggiando verso la linea difensiva avvicinandosi troppo al compagno Ringrose. Mentre Farrell gioca la palla lunga per Daly, il centro irlandese Ringrose sale a difendere verso l’esterno, Murray resta allineato sulla linea difensiva, e Earls sale con un angolo di corsa interno per cercare l’intercetto. Tuttavia, sia Murray che Earls vengono assorbiti da Tuilagi e il passaggio lungo per Daly apre un canale di tre metri che compromette l’Irlanda e regala lo spazio necessario all’esperta ala Jonny May per trovare la prima marcatura del match.
Non è chiaro se sia compito solo di Rob Kearney chiamare la salita difensiva dalla profondità, tuttavia in questa occasione avrebbe sicuramente aiutato moltissimo lo sviluppo dell’azione. Ancora una volta, se l'estremo di Leinster, con 87 caps in nazionale, fosse stato presente lo scorso sabato pomeriggio, gli irlandesi avrebbero avuto una guida in più in campo, un timoniere capace di far sintonizzare tutti sulla stessa frequenza.
Textbook.
Il gioco al piede dell’Inghilterra è stato eseguito alla perfezione.
Nella seconda metà di gioco, con Jordan Larmour al posto di Earls, gli inglesi hanno segnato di nuovo esplorando ulteriormente il gioco al piede: prima con un altro splendido chip and chase di Jonny May, raccolto da Slade, poi con un intercetto, sempre ad opera del secondo centro inglese, che falcia l’Irlanda e chiude la partita.
Se questo brillante lavoro verrà replicato in occasione dei prossimi impegni dell’Inghilterra nel torneo, e in ottica Coppa del Mondo, è ancora da vedere.
Sicuramente, l’Inghilterra oggi è un passo più avanti rispetto agli altri ed ha posato il primo importante mattone per costruire le fondamenta di una squadra e di un game plan perfetti che hanno come obiettivo il terzo titolo del Sei Nazioni e il secondo Grand Slam in quattro anni.