Il pilone delle Zebre Paolo Buonfiglio a caccia del suo esordio in Guinness PRO14
"L'obiettivo è fare più partite possibili. E' difficile ma sto lavorando tanto e questo è molto stimolante".
Ad un mese e spiccioli all’inizio della doppia amichevole contro i Leoni biancoverdi, proseguono le sessioni di allenamento alla Cittadella del Rugby di Parma.
In occasione della quarta settimana di lavoro sui campi e nelle strutture del centro federale, è arrivato il momento di presentare un altro giovane talento ingaggiato dalla franchigia multicolor al termine dell’edizione passata di Guinness PRO14.
Dopo Pierre Bruno, questa mattina è la volta del pilone sinistro Paolo Buonfiglio, tornato a Parma lo scorso maggio dopo aver già vissuto un’esperienza nella città ducale nel 2013/2014, disputando una stagione nel campionato italiano di Serie A con l’Accademia Nazionale “Ivan Francescato”, quando questa aveva sede nella città emiliana.
Nel 2014 il prodotto delle giovanili dell’Unione Prato-Sesto è quindi entrato a far parte della rosa del Rugby Mogliano, militando nella massima competizione italiana sino alla conclusione dell’edizione 2018/2019.
Oltre agli ex compagni di Accademia Gabriele Di Giulio e Renato Giammarioli, il 24enne pratese ha ritrovato a Parma anche i due tecnici Carlo Orlandi e Alessandro Troncon, suoi allenatori dal 2013 al 2015, periodo in cui il pilone toscano ha indossato la maglia della Nazionale Italiana Under 20, disputando due Sei Nazioni di categoria e guidando nel giugno 2015 gli Azzurrini al World Rugby U20 Championship, quell’anno in scena proprio in Italia.
L’ultima apparizione di Buonfiglio con la maglia Azzurra è con la selezione dell’Italia Emergenti e risale al 14 giugno 2017, nel secondo turno della World Nations Cup perso 38 a 22 contro la Namibia.
Già permit player del Benetton Rugby per tre stagioni consecutive, dal 2015 al 2018, il numero 1 pratese è ancora a caccia del suo debutto ufficiale in Guinness PRO14, il prestigioso campionato internazionale al via il prossimo 28 settembre con la trasferta delle Zebre allo Stadio di Murrayfield contro l’Edinburgh Rugby.
Come hai ritrovato Parma dopo l’esperienza di sei anni fa con l’Accademia Nazionale?
“È sempre un piacere tornare perché ho tanti bei ricordi di quella stagione. Mi trovo bene anche se il mondo Zebre è totalmente differente da quello dell’Accademia. Arrivo qua più maturo, ma con la stessa voglia di giocare”.
In Nazionale ti abbiamo visto giocare pilone destro, poi sei passato sul lato sinistro della mischia. Dove ti senti più a tuo agio a sfidare gli avversari?
“In realtà ho fatto tutti e tre i ruoli della prima linea, compreso il tallonatore. Negli ultimi anni mi trovo più confidente a giocare a sinistra, però devo dire che mi ha aiutato giocare in tutte e tre le posizioni perché sono molto più diverse da quello si possa pensare dall’esterno”.
Qui a Parma hai ritrovato Carlo Orlandi e Alessandro Troncon, tuoi allenatori quando indossavi la maglia della Nazionale Under 20. Ritrovare allenatori con cui hai lavorato velocizza l’inserimento in un nuovo piano di gioco?
“Sì perché nonostante sia completamente differente il piano di gioco delle Zebre da quello che avevamo con l’Under 20 in quegli anni, l’approccio di entrambi non è cambiato e lo conosco. Mi sono trovato bene negli anni della Nazionale e mi sto trovando bene con coach Bradley quest’anno.”
Dicci un pregio di ognuno dei due.
“È davvero stimolante allenarsi con loro. Sono due persone che danno tutto e che preparano l’allenamento nei minimi particolari, per cui non si arriva mai senza un piano preciso in testa prima dell’allenamento”.
Non ti chiederò un difetto, bensì il ricordo più bello della tua esperienza con gli Azzurrini.
“La prima convocazione che è arrivata un po’ a sorpresa con gli Azzurrini nell’anno ‘94/’95. Inizialmente non avevo tante possibilità però poi questa chiamata mi ha reso molto felice. In quello anno anche battere l’Argentina al mondiale in Nuova Zelanda è un ricordo indelebile della mia esperienza con gli Azzurini”.
Sei arrivato alle Zebre lo scorso maggio ed hai anche iniziato una prima fase di lavoro lo scorso giugno. Come ti stai inserendo nel piano di gioco di coach Bradley dopo il tanto fitness delle prime settimane?
“In questa seconda parte di preparazione abbiamo messo le basi per costruire il nostro gioco. È un gioco molto veloce e stimolante, quando riescono le cose noto che ci divertiamo tutti. Se questo sono le premesse è bello giocare in questa squadra”.
Chi è il tuo esempio all’interno del gruppo?
“A parte i ragazzi della Nazionale che non ho potuto conoscere se non fuori dal campo, devo dire George Biagi che è il giocatore più esperto e che ci dà tanti consigli e ci stimola parecchio, ma anche Kearney e Nagle, i due ragazzi irlandesi che sono arrivati quest’anno sono veramente un grande aiuto per noi più piccoli perché dispensano molti consigli e si mettono in gioco loro per primi”.
Come vivi la competizione interna in un reparto così giovane che ad inizio campionato non avrà il senatore Lovotti impegnato alla Coppa del Mondo?
“Siamo tutti piloni più o meno della stessa età. È bello perché ci troviamo bene fuori dal campo e dentro ci stimola il lavoro dell’altro per fare sempre meglio. Per adesso è una sana competizione e poi arriveranno le partite e vedremo”.
Sei a caccia del tuo primo cap in Guinness Pro14. Che aspettative hai per questa stagione Paolo?
“Ovviamente, cercare il prima possibile di fare una presenza con le Zebre. Sto lavorando tanto, so che è difficile perché è tutto un altro livello rispetto a quello in cui giocavo negli anni precedenti, però è stimolante: se riesco a mantenere il livello degli altri e a raggiungere quello dei più esperti, l’obiettivo è sicuramente fare più partite possibili”.
Cosa ti aiuta a superare i momenti più difficili e a trovare la concentrazione prima di una importante sfida?
“Nei momenti più difficili penso sempre che quello che faccio è per passione. Il rugby è sì un lavoro in questo momento, ma cerco sempre di non pensare mai a quanto possa essere duro perché è quello che ho scelto di fare ed è mia responsabilità portare questo impegno fino in fondo. Prima di una partita quando ero più piccolo mi mettevo tanta pressione da solo, ma adesso riesco a gestirla da solo e penso che la prima cosa è divertirsi. Se si trova il divertimento all’interno del campo tutto viene, non necessariamente più facile, ma sicuramente più soddisfacente”.